Lavori e riflessioni sulle icone

L’incarnazione di Cristo – Dio, ha portato l’uomo a meditare e a rivedere alcuni aspetti ed alcune prescrizioni antico-testamentarie di non poco conto. «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi« Esodo 20, 2-6.  Col riconoscimento della divinità di Gesù («Voi chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»  Mt. 16, 15), questo antico divieto è ridimensionato nella sua portata poiché a Dio stesso piacque manifestarsi nella carne del Figlio (“Chi ha visto me ha visto il Padre” Gv. 14,9). Tuttavia, la questione non fu di facile soluzione e fu oggetto di dispute sino all’anno 787 quando nel VII Concilio ecumenico la Chiesa abbandonò definitivamente la posizione iconoclasta per riconoscere legittima la venerazione (non l’adorazione) delle sacre immagini.

Da allora è stato un fiorire e rifiorire di icone in tutto il mondo cristiano. L’icona, distinta dalla semplice raffigurazione sacra e/o artistica del sacro, è tema sentito soprattutto nell’oriente cristiano dove ha sempre avuto, ed ha tuttora, una funzione non solo catechetica ma anche liturgica. Nella immensa produzione bibliografica in tema di icone, negli ultimi mesi hanno trovato pubblicazione due opere di due presbiteri cattolico-bizantini zoti Antonio Trupo della comunità arbëreshë di Civita (Cosenza) e papàs Antonio Magnocavallo della comunità greco-cattolica di Bari.

Ikonostasis è il titolo del recente lavoro di zoti Antonio Trupo. Dato alle stampe dall’Associazione Circolo di Cultura “Gennaro Placco”, di Civita – Cosenza per i tipi di Arti Grafiche Lapelosa srl Sala Consilina (Sa), nell’introduzione all’opera, Antonio Tortorella ripercorre la storia della presenza bizantina non solo in terra calabra ma in tutta Italia. Una presenza antica ma viva fino ai nostri giorni soprattutto per la presenza delle comunità arbëreshë giunte in Calabria quando l’occupazione turco-ottomana  avanzò nella terre d’Albania, della Morea e della Ciamuria. Una presenza contrastata al tempo del Concilio di Trento (1545 – 1563), ed ancor più per la latinizzazione (a volte forzata) di quelle terre. Una presenza della quale gradualmente la Chiesa latina ha scoperto valenza e ricchezza spirituale.

Anche zoti Trupo non si sottrae dal confrontarsi con la storia, ed in particolare con la storia della continua manifestazione del divino, e la ripercorre per esplicare anche a noi lettori l’inesplicabile; il mistero che viene raffigurato nelle forme simboliche non solo delle icone ma anche della struttura della stessa chiesa bizantina. L’iconostasi stessa viene esplicata non quale muro che nasconde ma quale struttura manifestante “il significato della celebrazione liturgica”. Quale testo riferito all’iconostasi, l’opera di zoti Trupo non può non avere una nutrita riproduzione di icone. In questo testo, la parola è sapientemente accompagnata dall’immagine (oltre cinquanta), e l’immagine dalla parola. L’una sorregge l’altra; l’una manifesta l’altra.

La Spiritualità dell’Icona è il titolo scelto per la sua opera da papàs Antonio Magnocavallo, volendo sottolineare la peculiarità propria dell’icona rispetto alle altre opere che rientrano nel genere dell’arte sacra. Il testo tratta a tutto tondo l’icona in quattro capitoli: Genesi dell’iconografia, Tipologia dell’Icona, Le Sorgenti del Simbolismo Bizantino, L’Iconografia Bizantina e le Entità Culturali ed Artistiche Locali.  L’Autore, nel suo discorrere, non prescinde dalla collocazione storica degli eventi e dal loro evolversi. La ricerca del volto di Dio da parte dell’uomo comincia all’indomani della cacciata dall’Eden. È una ricerca spasmodica mossa dalla nostalgia di quello stato di grazia primordiale che gli permetteva di passeggiare con Dio e di parlare con Lui, appagata storicamente dalla venuta di Cristo, dalla sua manifestazione nella carne e dall’azione dello Spirito che mostra le realtà ultraterrene. Non si può parlare di icona prescindendo dalla storicità degli eventi e dall’intervento dello Spirito che rivela. L’icona è conseguente all’entrata di Cristo, seconda Persona della divina Trinità, nella storia dell’uomo facendosi uomo. L’incarnazione di Dio rende dunque possibile rappresentare il divino poiché Lui stesso si è manifestato attenuando l’antico divieto “non ti farai immagine alcuna di ciò che è in cielo…” (Es. 20, 2 -17) ma il divino è rivelato dallo Spirito che rivela il Figlio, permettendo il riconoscimento della sua opera come proveniente dal Padre (Gv 16, 12 – 15). Ne La Spiritualità dell’Icona, p. Antonio Magnocavallo, quindi, non traccia solo il percorso storico ed evolutivo dell’iconografia sacra pre-cristiana o di altre religioni, ma accompagna il lettore nel viaggio spirituale di chi si immerge in queste immagini al punto da intravvedere quale “riflesso della realtà invisibile della materia” “il mondo della gloria di Dio”. E’ infatti questo il compito dell’iconografo: non tanto raffigurare la perfezione del corpo quanto contemplare l’Essere e “ricevere la visione ineffabile della sua luce” rappresentando graficamente la luce  stessa. Il testo è corredato di numerosissime icone riprodotte fotograficamente al suo interno.

Paolo Scagliarini

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