“I siluri arrivano dal cielo”. Intervista a Manlio Triggiani

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«Ricordare e sapere sono obblighi e necessità per chiunque abbia rispetto dei valori e di una certa visione del mondo»

L’editore L’Arco e La Corte di Bari di recente ha pubblicato un libro di Giuseppe Cimicchi, edito da Ardita nel 1954, «I siluri arrivano dal cielo».

Figura leggendaria dell’Aeronautica Militare italiana, Giuseppe Cimicchi, ufficiale pilota aerosiluratore, durante il Secondo Conflitto Mondiale è stato capace di audaci ed impossibili imprese.

Il suo albo della Gloria parla chiaro: 1 Medaglia d’Oro al Valor Militare, 4 Medaglie d’Argento al Valor Militare di cui due sul Campo, 3 Medaglie di Bronzo al Valor Militare di cui una sul Campo, 1 Croce di Guerra al Valor Militare sul Campo, 1 Croce di Ferro di II Classe conferitagli dalla Germania, 1 Avanzamento per Merito di Guerra, 11 Citazioni nei Bollettini di Guerra.

Al di là della riconoscenza dell’Arma Azzurra, dal secondo dopoguerra fino all’anno in cui è scomparso, 1992, Giuseppe Cimicchi, uomo di fede ed idealista convinto, è stato lusingato solo da pochi e coraggiosi editori che, privi di risorse finanziarie, hanno lui tributato gli Onori dandogli la possibilità di vergare le sue imprese.

Il tutto ebbe inizio nel 1958 grazie alla casa editrice Ardita del vivace e tagliente Pietro Caporilli, che dette alle stampe «I siluri arrivano dal cielo». Il rigore storico e l’ingegno di Caporilli avevano colto i segnali del tempo. Era il periodo in cui pur essendo radicato il sentimento patrio, coloro che avevano servito l’Italia in Armi nel Secondo Conflitto erano degli “esuli in Patria”, malvisti dalle classi dirigenti e da una fascia di popolazione: vigeva il convincimento, peraltro errato e ne vedremo il perché, che i nostri combattenti avevano partecipato ad una “guerra sbagliata”, alla “guerra fascista”.

Nel 1980 fu l’editore romano Ciarrapico a dare spazio all’Eroe della Gloriosa 281^ Squadriglia con «Ali di guerra sul Mediterraneo».

Di decenni in decenni, quado il tutto sembrava finire volutamente nel dimenticatoio, coraggiosamente, il testimone è passato di editore in editore per giungere fino ai nostri giorni, quasi a simboleggiare un Ideale passaggio di consegne, nel segno di una continuità Morale, Storica e Culturale che ancora oggi dà linfa al Sacrificio, al Pensiero ed all’Azione di Cimicchi e di tanti combattenti.

Dall’Associazione Culturale Sarasota che ha pubblicato «“CIM” – Le mie battaglie aeree sul Mediterraneo», fresco di stampa, l’editore barese L’Arco e la Corte ripropone il volume di Ardita – difficilmente reperibile nei circuiti librari – «I siluri arrivano dal cielo».

Prefato da Marco Cimmino, valente studioso di Storia Militare, che peraltro si addentra in un confronto fra le Aeronautiche in conflitto, il libro fa parte della Collana I Combattenti diretta da Manlio Triggiani, storico, saggista e giornalista la cui versatilità è largamente diffusa in più ambiti culturali.

Proprio al dottor Triggiani abbiamo rivolto alcune domande su «I siluri arrivano dal cielo».

Dottor Triggiani, il libro di Cimicchi che pubblicate esce in un’epoca di memorie imposte ed a senso unico, in un clima di conformismo imperante, dove regna sovrana una preoccupante desertificazione culturale. Siete dei temerari o dei kamikaze della Cultura?

«Né l’uno né l’altro. I tempi non sono effettivamente favorevoli per questo genere di libri, ma la decisione di far sopravvivere i ricordi di uomini eccezionali ha lo scopo di tener viva la memoria anche per dare a certe testimonianze il giusto rilievo».

Come nasce, nell’ambito della casa editrice L’Arco e la Corte, la collana “I Combattenti”? E quali obiettivi si prefigge?

«Ho pensato sempre che fosse necessaria una collana che desse visibilità a fatti d’arme importanti e nello stesso tempo agli eroi che li hanno compiuti. In Gran Bretagna, e in Francia soprattutto, esiste una produzione del genere in varie case editrici».

Gran Bretagna e Francia perché il sentimento Patrio è effettivamente radicato?

«Sì. C’è addirittura un detto in Gran Bretagna che suona così:

“Right or wrong, my country” che sta per “giusta o sbagliata la mia patria è la mia patria”.

Adesione alla propria nazione a prescindere se è dalla parte del giusto o dell’errore».

Ritorniamo alla collana “I Combattenti”.

«Proposi all’editore Ninni Dimichino questa collana e la risposta fu positiva. Mi incaricò di scegliere i titoli e curarne l’edizione. Ho scelto i titoli anche grazie ai suggerimenti dell’amico Gianfranco de Turris, sempre prodigo di buoni consigli, e così siamo partiti con libri che stanno andando bene».

Rimanendo alla citata collana, nel portare avanti le vostre iniziative, non vi sentite come una cittadella assediata da chi combatte – e sono in tanti – i valori nei quali ha creduto Giuseppe Cimicchi?

«Noi andiamo per la nostra strada e con convinzione. I valori sono eterni e non possono essere cancellati da chi non crede in essi».

Quale terzo volume della collana “I Combattenti”, perché è stato scelto Cimicchi con il suo «I siluri arrivano dal cielo»?

«In genere non ci sono precedenze per un motivo o per l’altro. La storia degli aerosiluranti è particolarmente interessante e la guerra vissuta dagli aviatori non è facile. Pubblicare un libro su questo argomento, facendo parlare un pilota che ha partecipato a quell’epopea in prima linea è davvero importante. Poi, se ci sono coloro che non amano queste storie e questi valori d’altro canto c’è anche chi acquistando e leggendo questi libri ricorda, conosce, apprende, aiuta a far circolare questo genere di volumi. Siamo dalla parte di questi valorosi».

Nelle epoche in cui sono stati pubblicati i libri di Giuseppe Cimicchi, qual è stata – se vi è stata – quella più agevole per veicolare al meglio il messaggio dell’Asso dell’Arma Azzurra?

«Non credo a un’epoca più favorevole o meno. Dipende tutto dal singolo e dai valori che ama e rispetta. Un giovane può così scoprire le gesta dei propri avi e l’importanza di tattiche di guerra oppure può apprezzare il coraggio dei combattenti italiani. Anche per dare un segnale a qualche comico che, in tv, sostiene che i militari italiani “fanno ca[…]re a combattere”. Cosa smentita dalla Storia. La Storia che pochissimi studiano».

Perché in Italia, non da oggi, la Storia si studia poco e malissimo?

«La storia si studia poco e malissimo ma tutte le materie si studiano poco e malissimo. È la crisi della scuola. Dopo che il miglior ministro della Pubblica Istruzione, cioè Giovanni Gentile, ridisegnò l’architettura dell’Istruzione italiana, realizzando la migliore scuola che si potesse fare, gli altri ministri che si sono succeduti, specie negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, hanno smantellato di fatto la scuola gentiliana».

Non sveliamo nulla del libro – che lo si divora – ma su alcuni aspetti gradirei soffermarmi.

Cimicchi documenta le sue imprese e quelle degli aerosiluratori, descrive gli stati d’animo dei piloti che fanno a gara per essere in prima linea. Nessuna apologia, neanche il minimo cenno al Fascismo ed al suo fondatore, nessuna esaltazione di una ipotetica Arma Aerea fascista. Possiamo affermare che il Fascismo non riuscì a permeabilizzare del tutto i militari con la propria ideologia, con la propria dottrina, con il suo modo di essere?

«La lezione di Renzo De Felice è sempre valida. In Italia, specie negli anni Trenta del secolo scorso, ci fu una ampia accettazione del Fascismo da parte del popolo italiano. Rimasero pochi antifascisti e molti fascisti. Poi c’era la cosiddetta “zona grigia” che approvava il Fascismo anche se sotto sotto non era del tutto fascista. Poi, nelle Forze armate, c’erano componenti monarchiche».

Fra i tanti messaggi del libro, uno appare chiaro ed inequivocabile:

servire la Nazione sempre, in pace ed in guerra, senza guardare alle ideologie ed al colore politico di chi governa. L’Italia, a suo parere, è matura per tale messaggio?

«Non sarei tanto ottimista. L’ultima guerra è stata persa dall’Italia per varie ragioni e fra queste ci sono anche i numerosi tradimenti, i doppiogiochisti e chi si è venduto al nemico. Per questo abbiamo voluto pubblicare nella stessa collana il volume di Caporilli I racconti della guerra tradita. Comunque bisognerebbe essere sempre prontia rispondere alle necessità della Patria. Uso l’espressione Patria senza connotazioni campanilistiche, imperialistiche e così via. Perché la Patria non è altro che la terra dove viviamo, definita dai confini, è la nostra città, la nostra famiglia, i nostri cari, i nostri amici, le nostre tradizioni, tutto ciò che amiamo della nostra identità».

Che riguardo a tradimenti e doppiogiochismi vi sia stato un qualcosa di grosso e di losco – non a caso mai raccontato tranne che da quei pochissimi coraggiosi – fra combattenti e storici – che ne parlarono venendo peraltro esclusi dai circuiti mediatici e non solo mediatici – se ne ha conferma dall’articolo 16 del Trattato di Pace datato 10 febbraio 1947, che le potenze vincitrici del Secondo Conflitto imposero all’Italia. Ricordiamo che una personalità come Benedetto Croce criticò e votò contro il Trattato.

Come noto, il citato articolo 16 recita:

L’Italia non incriminerà né altrimenti perseguiterà alcun cittadino italiano, compresi gli appartenenti alle forze armate, per solo fatto di avere, durante il periodo di tempo corrente dal 10 giugno 1940 all’entrata in vigore del presente Trattato, espressa simpatia od avere agito in favore della causa delle Potenze Alleate ed Associate”.

Premesso che secondo talune scuole di pensiero, la detta clausola impedì di fare giustizia perseguendo chi aveva tradito l’Italia in armi, anche se la Storia non si fa con i se, le chiedo:

in mancanza del citato articolo 16, l’Italia ciellenista ed antifascista del secondo dopoguerra avrebbe permesso ai tribunali di perseguire quei “cittadini italiani”, militari compresi, che dal 10 giugno 1940 avevano svolto azioni a favore della causa delle Potenze Alleate e Associate?

«La Magistratura è indipendente, non dipende dal potere esecutivo, quindi credo che i magistrati avrebbero fatto il loro dovere comunque. Del resto è quello che è successo all’indomani della fine della seconda guerra mondiale: la Magistratura indagò su alcune migliaia di partigiani che ripararono all’estero».

Non sfugge, leggendo il riferito articolo, come le forze vincitrici abbiano voluto tutelare anche dopo l’armistizio dell’8 settembre i “cittadini italiani” di cui sopra, fino “all’entrata in vigore” del Trattato datato appunto 10 febbraio 1947. Non appare eccessiva tale copertura?

«I libri di Antonino Trizzino – e non solo – sui tradimenti di alti ufficiali dell’Esercito e della Marina militare mostrano bene quanto importante è stato l’apporto di certa gente alla vittoria degli Alleati. Questi ultimi hanno voluto tutelare – per riconoscenza! – i collaborazionisti italiani».

La storia scritta dai vincitori è cosa ben diversa dal giudizio che la Storia emette con le sue logiche ed i suoi tempi. Chi crede nel verdetto finale della Storia, ammesso che riuscirà a vederlo, come lo attende?

«Ci sarebbe tanto da dire in merito. Posso dire, in breve, che è vero che la storia è scritta dai vincitori, ma è anche vero che alla lunga la revisione della storia avviene e leggere i libri scritti dai reduci, da coloro che c’erano, significa poter usufruire di racconti di prima mano, narrati da testimoni. A fare lo storico scrivendo quello che un partito gradisce o meno, è facile e chiunque può farlo. Ce ne sono in Italia di storici così, spesso in tv, sempre sui giornali. Narrare la verità è altro. E per diffondere la verità che l’editore Dimichino mi ha affidato la collana».

Dottor Triggiani, fino alla fine dei suoi giorni, con i suoi scritti e le sue parole dedicati ai «compagni d’arme», Giuseppe Cimicchi si è augurato che il suo pensiero potesse raggiungere anziani e giovani, i primi perché «ricordino», i secondi perché «sappiano».

Una sua considerazione finale in ordine a tale aspetto.

«Ricordare e sapere sono obblighi e necessità per chiunque abbia rispetto di valori e di una certa visione del mondo. I compagni d’arme sono persone con le quali, spalla a spalla, si è messa a rischio la vita, si è combattuto, a volte si è visto qualcuno di loro morire al proprio fianco. Il legame di cameratismo è il più forte. Ma far circolare certi libri aiuta i più giovani a conoscere pagine di storia della propria famiglia, della propria nazione».

Un filmato ricordo di Giuseppe Cimicchi ed i suoi «compagni d’arme»

Michele Salomone

Informazioni sul libro