La Cattedrale part-time di Bari

È di qualche giorno fa la notizia che anche la Diocesi di Bari, dopo quella di Lecce, ha affidato la “gestione” degli ingressi in Cattedrale ad una società privata. La notizia apparsa sui giornali è che per entrare in chiesa si dovrà pagare un biglietto. Per nostra fortuna questa decisione della diocesi barese fa notizia perché, almeno in Puglia, non è uso comune, fino ad oggi, far pagare un biglietto per entrare in chiesa.

Mi piace pensare che l’economato diocesano ignori cosa comporta una tale misura e che si sia lasciato prendere la mano dal boom turistico mordi e fuggi che investe la Puglia. Tuttavia, la notizia, che ha lasciato indifferenti i più, provoca due brevissime considerazioni che affido ai lettori in questo clima di sinodalità e di ascolto nel quale la Chiesa si è posta.

La prima è che, con buona pace di tutti, le parti che hanno dato luogo a questo singolare contratto di appalto, entrambe valutano la Cattedrale un edificio che in taluni momenti può essere adibito anche al culto: insomma una sorta di Cattedrale part time. In realtà, la Diocesi di Bari non è la prima volta che manifesta una tale considerazione del sacro edificio, lontanissima dal concetto che di Esso ebbero i costruttori. Siamo testimoni tutti di come sempre più numerosi siano gli eventi ospitati dalle chiese nello stesso luogo dove poi si celebra il Sacrificio eucaristico; basti pensare, per restare alla Cattedrale di Bari, all’evento dai contorni paganeggianti, accompagnato da danze e spettacolo, al quale accorrono il 21 giugno centinaia di curiosi in occasione del solstizio d’estate quando dal rosone un fascio di luce illumina il centro della chiesa (https://www.bariviva.it/notizie/solstizio-d-estate-in-cattedrale-si-rinnova-la-magia/). Già, perché alla fine, al di là di ogni buona intenzione anche questo evento in rete (cercate su Google) viene così descritto: “Come ogni anno il 21 giugno nella Cattedrale di Bari e al Dolmen Li Scusi di Minervino di Lecce, si rinnova la magica sovrapposizione tra la luce del sole e i simboli creati dall’uomo. Tra magia ed astronomia, anche quest’anno si è rinnovato il rito del solstizio d’estate in due luoghi simbolo del 21 giugno”. Cosa abbiamo a che fare noi cristiani con magia e astronomia?

La seconda considerazione è che questo nuovo modo di vedere le cose, distante e distinto dallo spirito che mosse i costruttori, insegna, ironia della sorte proprio dalla Cattedrale, ai gentili che la Cattedrale ha una storia passata che merita di essere raccontata esattamente come quella del vicino Castello Svevo. In altri termini si propone una Cattedrale-museo che non annuncia, non insegna, non conferma ma mostra ai visitatori di cosa i cristiani di ieri furono capaci di realizzare e di quanto brave furono le maestranze impiegate nel comporre mosaici o nel tirare su campanili. In Egitto si vanno a vedere le Piramidi in Europa si vanno a vedere le Cattedrali… pardon, salvo che in Francia dove le chiese cominciano ad essere abbattute o ad essere impiegate ad altro.

Se accostiamo queste considerazioni alla recente uscita di sondaggi che danno “La partecipazione al rito domenicale dal 37,3% della popolazione adulta nel 1993 al 23,7% del 2019 con un “declino” che promette di allargarsi con l’avanzare delle nuove generazioni”, come scriveva il sociologo Luca Diotallevi in un suo intervento su “La Repubblica”, l’iniziativa diocesana sa tanto di resa incondizionata di fronte ad un secolarismo desacralizzante che ormai informa anche il modo di pensare delle alte gerarchie ecclesiastiche.

Al termine di tutto ciò, la domanda che mi pongo, e che penso si siano posti due o tre fedeli, è una: che necessità c’era? Una necessità di tipo economico? Anche le parrocchie, alcune più di altre, hanno urgenze economiche, non per questo però la Cattedrale, come qualsiasi luogo di culto, dev’essere distratta dalla missione di Vita alla quale è stata chiamata trasformandosi in una attrazione turistica. Neppure per un minuto.

Paolo Scagliarini