Giovanni Spadolini a 100 anni dalla nascita. Intervista allo storico Achille Ragazzoni

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In un 2025 di orrore e di terrore funestato da guerre e catastrofi di ogni risma, non può essere silenziato il Centesimo Anniversario della nascita di Giovanni Spadolini, valente uomo di cultura, giornalista, storico, due volte Presidente del Consiglio (giugno 1981-dicembre 1982), Presidente del Senato, senatore a vita e più volte ministro.

Nato a Firenze il 21 giugno 1925, appare opportuno evidenziare che fin dalla tenera età Spadolini e cultura furono l’uno legato all’altra. Pare, tra l’altro, che già all’età di 8 anni il bambino prodigio abbia composto una poesia.

È indubbio, però, che Spadolini venga ricordato come uomo delle istituzioni.

Nel giugno 1981, in un’Italia impotente a fronteggiare la minaccia terroristica e mafiosa, colpita dallo scandalo P2 e vergogne di vario genere, nonché da sperperi e caos istituzionale, il dc Forlani rinuncia a formare il Governo e Pertini chiama Spadolini. Dalla DC al PCI, l’arco costituzionale ha terrore delle elezioni anticipate. Per la prima volta nella Storia della Repubblica un laico si accinge a guidare un Governo retto con i voti di DC, PSI, PSDI, PLI, PRI, il partito di Spadolini.

Esaminiamo la figura con lo storico Achille Ragazzoni.

Dottor Ragazzoni, nasce prima lo Spadolini storico, o lo Spadolini giornalista?

“Secondo me nasce prima lo Spadolini storico, a soli 23 anni pubblica tre libri storici, mai più ristampati, che indicano una notevole maturità e che, conoscendo l’età dell’autore, fanno rimanere a bocca aperta. Più che come giornalista in senso lato vorrei soffermare l’attenzione sullo Spadolini direttore: soprattutto per quanto riguarda la parte culturale, la cosiddetta ‘terza pagina’, ‘Il Resto del Carlino’ e il ‘Corriere della Sera’ da lui diretti erano prodotti indubbiamente d’eccellenza”.

Il giovane Spadolini, nel secondo dopoguerra, riguardo talune collaborazioni giornalistiche spazia da sinistra al centro e a destra? Giovane di ampie vedute o altro?

“Lui collaborò, sia a ‘Il Borghese’ che a ‘Il Mondo’, poi si spostò al centro strizzando moderatamente l’occhio alla sinistra moderata (il gioco di parole è voluto), io direi che aveva capito per tempo in quale direzione tirava il vento…”.

Soffermiamoci sullo Spadolini storico del Risorgimento. Cosa emerge, di interessante, dalle sue numerose opere?

“Il filone di ricerca sul quale i suoi lavori sono tuttora insuperati e credo che lo saranno ancora per parecchio tempo, è quello sui rapporti tra Stato e Chiesa. Notevoli anche quelli sul Risorgimento a Firenze, città che amava oltre ogni dire: qui riesce a far brillare argomenti apparentemente di storia locale, di una luce italiana e talvolta addirittura europea. Vista la totale ignoranza oggi imperante sul Risorgimento consiglio, a giovani e meno giovani, la lettura del libro divulgativo ‘Gli uomini che fecero l’Italia’, tanto per cominciare”.

Riguardo uno, in particolare, l’organo ufficiale del PCI, “L’Unità”, il 13 ottobre 1987 ebbe a scriverne: Giovanni Spadolini nel 1950 pubblica finalmente ‘il papato socialista’, una vera e propria pietra miliare nella storia della demenzialità, paragonabile solo a ‘Animal House’ di John Belushi”. Gradirei un suo commento.

“Non riesco a capire il sarcasmo su quel libro, ancora valido a settantacinque anni dalla sua prima edizione. Mostra come i cattolici si opposero coi fatti allo Stato liberale: all’epoca la Destra Storica veniva, non del tutto a torto (anche dai mazziniani, non solo dai cattolici), accusata di disinteressarsi dei problemi delle classi meno agiate e da questa considerazione il mondo cattolico partì per arrivare a formulare la Dottrina Sociale della Chiesa”.

I Padri della Patria, Cavour, Re Vittorio Emanuele II, Garibaldi e Mazzini come ebbe modo di analizzarli e descriverli Spadolini?

“Quello con cui si trova più in sintonia è Cavour, profondo rispetto per Vittorio Emanuele, Mazzini lo ha capito benissimo, anche in profondità, ma non gli piace, mentre gli piace Garibaldi che, a mio avviso, non lo ha capito. Per esempio privilegia una sorta di filo diretto tra Garibaldi e Cavallotti, rendendo il Nizzardo quasi un padre nobile dei radicali, ma il filo diretto tra Garibaldi e Crispi, tra Garibaldi e Cairoli? Forse che qualcuno era più garibaldino di un altro?”.

Possiamo considerare Spadolini storico pro o contro il Risorgimento, o a-risorgimentale?

“Spadolini era assolutamente a favore del Risorgimento. Qualche atteggiamento contraddittorio forse gli proveniva dall’aver voluto filtrare l’epopea attraverso l’interpretazione di Oriani e di Gobetti (due punti di vista, oltretutto, inconciliabili); qualcheduno lo definì neogiolittiano e non sbagliò di troppo il bersaglio. Di sicuro non era né mazziniano, né garibaldino…”.

Se era a favore del Risorgimento, non appare incomprensibile la scelta e la candidatura con il PRI, un partito che fin dal secondo dopoguerra aveva seppellito l’idea risorgimentale per sposare la breve e fallimentare esperienza del Partito d’Azione di Parri ed il verbo economicista attento al mercato azionario, ai giochi di borsa?

“Il Risorgimento deve essere retaggio di tutti gli italiani. Una risposta adeguata sui danni che il Partito d’Azione fece non solo al PRI, bensì anche al PLI e al PSI, meriterebbe un libro. Nel PRI c’era una forte componente risorgimentale, rappresentata dai mazziniani e dai cosiddetti ‘repubblicani storici’, peraltro una minoranza in quel partito, che io conobbi assai bene dall’interno. Spadolini, che peraltro mazziniano non era, nel Risorgimento credeva assolutamente, non scherziamo…”.

Un suo giudizio sullo Spadolini Ministro per i Beni culturali dal 1974 al 1976

“Il Ministero dei Beni Culturali lo creò lui e mi sembra che abbia retto bene quel dicastero”.

Nel giugno 1981 Spadolini diventa Presidente del Consiglio e caratterizza subito la sua azione politica per la lotta alla loggia P2, la moralizzazione della vita pubblica, rigore dei conti pubblici, lotta al terrorismo. È innegabile, però, che nel maggio 1982, con l’approvazione delle ‘Misure per la difesa dell’ordinamento democratico costituzionale’ una legislazione alquanto premiale per i “terroristi pentiti” – macchiatisi di gravissimi crimini, si pentiranno sempre dopo essere stati arrestati – segna la fine dello Stato di diritto e dell’autorità dello stesso Stato. Ancora oggi ne scontiamo le conseguenze. Dove finì, in quella circostanza, il rigore sbandierato da Spadolini?

“Purtroppo quando fai politica devi scendere a compromessi, cosa si sia mosso dietro le quinte per arrivare a quella vergognosa legislazione, che resuscitava gli impuniti dello Stato Pontificio, non lo sappiamo e non lo sapremo forse mai. Magari non è stata colpa solo di Spadolini…”.

Fatti i dovuti distinguo, esisteva anche una “legge sui pentiti” nell’antico Stato pontificio del potere temporale?

“Infatti è da lì che deriva il termine offensivo ‘impunito’ nella parlata romanesca. Che una repubblica sedicente democratica si sia ispirata ad una monarchia assoluta preunitaria, la dice lunga su tante, troppe cose…”.

Negli anni Ottanta viene rimproverato a Spadolini, dal leader di Democrazia Proletaria, Mario Capanna, il suo passato fascista-repubblicano: Il repubblichino Spadolini. Scritti giovanili”, è il titolo di un opuscolo curato proprio da Democrazia Proletaria. Cosa può dire in merito, considerato che, già nel 1972, il settimanale “Il Borghese” aveva reso noto i detti scritti allorquando Spadolini si era candidato per il PRI al Senato, venendo peraltro eletto?

“Spadolini in anni giovanili scrisse, nel periodo della RSI, articoli che non brillavano certo per moderatismo. Quando i suoi avversari li rispolverarono, rispose molto male, con una logica che ricordava quella del signor Veneranda di manzoniana (Carletto, non Alessandro…) memoria”.

E perché non vi fu una levata di scudi da parte dell’antifascismo nei confronti di Spadolini per quegli scritti? In cosa era differente l’antifascismo dell’epoca da quello odierno?

“L’antifascismo senza fascismo, a 80 anni dalla fine di Mussolini, fa ridere. per non dire che fa pena, e recentemente Padellaro lo ha messo alla berlina nel suo libro ‘Antifascisti immaginari’. All’epoca parecchi politici avevano militato nel Partito Nazionale Fascista o nel Partito Fascista Repubblicano, addirittura nelle correnti più estremiste di questi partiti, quindi conveniva a molti, come si dice in latino, sopire negotium…”.

L’ultima immagine che abbiamo di Spadolini ci riporta al 16 aprile 1994. Dal suo volto trasparve sorpresa, amarezza e forse sofferenza – si spegnerà il 4 agosto successivo – per la mancata elezione a Presidente del Senato. Venne battuto con un solo voto di scarto dal candidato del Centrodestra berlusconiano Carlo Scognamiglio. A suo parere sbagliò qualcosa Spadolini in quella circostanza?

“La Destra, allora non aspettava altro che lui chiedesse ufficialmente i suoi voti, e allora sarebbe stato eletto pressoché all’unanimità. Non lo volle fare e ne pagò il fio, finendo in maniera assai triste, Per me avrebbe meritato una fine migliore, sarò sincero”.

Michele Salomone