Rimpiangeremo i tempi nei quali lo scontro ideologico tra fedeli e atei, o sedicenti tali, era netto ed in campo aperto? C’è stato il tempo delle contestazioni, durante il quale c’era chi avversava nettamente la Chiesa e i suoi santi, chi morendo rifiutava di entrare in chiesa, chi metteva in dubbio tutto ciò sul quale la società fino ad allora era fondata e, per altro verso, c’era anche chi resisteva e si opponeva a questo modo di pensare guadagnandosi i più disparati epiteti che il mondo “intellettuale” elargiva a piene mani. Un razionalismo deviato che però ha finito col permeare tutto al punto che oggi se c’è qualcosa che merita attenzione deve ottenere il placet della fallace logica umana. Tutto è misurabile e quando non lo è, semplicemente non esiste. Questo pensiero strisciante non ha risparmiato nessuno, tutti ne siamo, almeno in parte, contaminati.

L’avversario senza volto, oggi non ingaggia una battaglia in campo aperto preferendo l’arma della seduzione filantropica. Non c’è una dialettica su temi che fino a ieri facevano riflettere l’uomo sulla sua origine e sul suo fine. Quasi nessuno più si chiede: c’è vita dopo la morte? C’è un Dio? Questi oggi sembrano quesiti inutili, buoni per chi non ha null’altro a cui pensare, per chi non ha un fitto da pagare o ragazzi da dover mandare a scuola. L’avversario ha cambiato tattica, ha affondato il colpo laddove la nostra società è più vulnerabile ed ha soddisfatto tutti con il diritto alla ricchezza, al benestare, al godimento, alla spensieratezza, al disimpegno, al disinteresse, all’anonimato, alla individualità, al diuturno festeggiare, per Halloween o per il Natale non fa differenza. Nulla risulta nocivo, tutto è concesso, tutto è permesso, non c’è più falsità e per converso… neppure verità.

Tutto questo genere di pseudo diritti è stato introdotto nella Città con il cavallo di Ulisse, ed è stato accolto con disinvoltura, benevolenza quando non con scroscianti applausi. Chi avrebbe dovuto non ha fatto suonare alcun allarme, alcuna sirena e, seppur votato alla vigilanza sul gregge, era impegnato in altre faccende. Il nemico è entrato in città senza colpo ferire è si è impossessato dei nostri simboli e finanche dei nostri santi e dopo averli laicizzati ne spende il nome nei suoi rituali.

Queste riflessioni, che affido ai miei quattro lettori, le ho maturate in seguito ad alcuni significativi eventi occorsi nella città di Bari di cui è patrono San Nicola e che passo in rassegna. Nella Città del Levante, in questi giorni, si sono tenuti contestualmente tre eventi che hanno visto coinvolte non solo le autorità cittadine ma anche della Chiesa e del mondo, cosiddetto, civile: 1) i festeggiamenti di san Nicola del 6 dicembre con la consueta consegna delle chiavi della Città al santo da parte del sindaco; 2) la mostra Real Bodies al Teatro Margherita;  3) la consegna del premio “Nicolino d’Oro” a coloro che si sono distinti durante l’anno per vari motivi.

Che la Città di Bari sia strettamente legata al culto di San Nicola non c’è alcun dubbio. È però altrettanto vero che la figura di San Nicola, con la scusa di una laicità che permette di non schierarsi, risulta sempre più scollegata dalla Fede cristiana, dalla religione e dal culto, e diventa sempre più motivo di business, strumentalizzazioni, abitudini e pratiche secolari. Sempre meno pellegrini sempre più curiosi, turisti ed abitué della cioccolata calda di prima mattina, per intenderci.

Bene! Anche quest’anno, come tradizione, il Sindaco di Bari ha consegnato le chiavi della Città a San Nicola. Cosa significa consegnare le chiavi della Città a San Nicola, un santo esempio di fermezza ed intransigenza nella fede? È un’altra consuetudine vacua, di quelle che si fanno ormai per abitudine? Oppure, come ha affermato il Sindaco, è segno di affidamento della Città a San Nicola e dunque a quel Dio di cui San Nicola è testimone? Come mai sul sito del Comune di Bari non appare il nome di san Nicola tra coloro ai quali sono state consegnate le chiavi della Città? Me lo chiedo perché proprio in concomitanza con tale pubblico gesto, lo stesso Comune di Bari sembrerebbe aver patrocinato una mostra di cadaveri presso il Teatro Margherita in totale spregio dei valori cristiani e della pietas riservata da sempre ai defunti. Eppure a due passi dalla Basilica di San Nicola, alla modica cifra di € 16,00 si possono ammirare i corpi esanimi di padri, madri, figli che hanno vissuto, esattamente come noi, hanno sofferto, hanno lavorato, si sono prodigati per altri e oggi vedono esposti i loro corpi come fossero cose. Quale l’intento reale degli organizzatori? Che siamo macchine perfettibili e che sarebbe bene curare la nostra alimentazione e non fumare? Non lo fanno già egregiamente i medici?

Nel sito degli organizzatori è dato leggere questo genere di presentazione: “uno straordinario viaggio all’interno del corpo umano  che mostra in modo sorprendente e innovativo il funzionamento dell’organismo e la struttura degli apparati che rendono l’uomo una macchina meravigliosa… La mostra è divisa in varie sezioni e affronta molte tematiche, un percorso della vita che si sviluppa dalla nascita alla morte con tutti i relativi processi di invecchiamento. Gli ospiti della mostra potranno osservare da vicino organi colpiti da gravi malattie, l’affascinante apparato circolatorio, il sistema nervoso, scheletrico, e muscolare… Ora, grazie alla moderna tecnica della plastinazione presente a Real Bodies Experience, è possibile ammirare la vera anatomia umana con corpi e organi trattati in modo da poter essere conservati ed esposti al pubblico senza difficoltà”. Ma fino a ieri gli studenti di medicina come hanno fatto senza siffatte mostre?

In realtà, stanti gli organizzatori e collaboratori, tra i quali tal Cecchi Paone, sorge il dubbio che più che obiettivi scientifici, perseguibili con un’avanzata tecnologia e con l’ormai famoso metaverso, in realtà si persegua una battaglia culturale scientista che vorrebbe l’uomo pari ad una macchina e la sua vita a risultato di un mero scambio chimico dovuto al caso. Se l’utilizzo dei cadaveri poteva essere motivo di ricerca nel tanto vituperato medioevo, oggi gli scienziati per le loro ricerche possono avvalersi di strumenti sofisticatissimi. In ogni caso, tornando a noi, chissà cosa pensa San Nicola vedendo corpi di suoi fratelli esposti alla curiosità dei visitatori paganti e tanto nella sua Città? Chissà…

Ma andiamo avanti.

Sempre in occasione dei festeggiamenti del 6 dicembre, sin dall’alba, ma anche nei giorni precedenti, nella zona della Basilica del Santo sono apparsi soggetti vestiti da San Nicola che si prestavano a far fotografie con fedeli, turisti, ecc.; un po’ quel che succede con i finti gladiatori intorno al Colosseo di Roma.  Vi è stata quindi la ventiquattresima edizione del Premio “Nicolino d’Oro”, promosso dal Circolo Acli-Dalfino ed istituzionalizzato quest’anno dal Comune di Bari, durante la quale sono stati premiati: Silvia Godelli per la sezione Cultura, Dante Marmone e Tiziana Schiavarelli per la sezione Baresità, Don Mimmo Minafra per la sezione Religione, Vincenzo Magistà per la sezione Informazione, Nicola Vernola per la sezione Istruzione, Franco Cassano alla Memoria e Anna Maria Tosto per la sezione giustizia. Il Nicolino d’Oro è stato consegnato ai vincitori dal Sindaco di Bari in persona presso la sala del Consiglio Comunale. Ora, senza nulla togliere alla validità del Premio, ai premiati ed al loro merito, mi chiedo che senso abbia far presenziare, ad un evento del genere, specie ora che è istituzionalizzato dal Comune, un tipo che indossa paramenti vescovili e che con tutta probabilità vorrebbe rappresentare san Nicola facendolo sedere nel più alto scranno del Consiglio quasi a vegliare sui presenti. E ancora mi chiedo se il clero presente non si sia sentito a disagio rispetto ad una presenza simile o se ormai si fa velocemente l’abitudine un po’ a tutto.

Paolo Scagliarini