Il compito del filosofo

In un passo di Al di là del bene e del male Federico Nietzsche, nel delineare la figura del filosofo, avverte che non bisogna confondere gli operai della filosofia con i filosofi. I primi hanno il compito di ridurre in formule una vasta gamma di valutazioni, che sono divenute dominanti e che per un certo periodo di tempo hanno il pregio e la dignità di verità sia nel campo della logica sia in quello della politica e dell’arte. Il loro compito è necessario ma non sufficiente. I veri filosofi infatti sono coloro che creano una nuova visione del mondo: «Essi stabiliscono lo scopo dell’uomo e nel fare ciò si servono del lavoro preparatorio di tutti gli operai della filosofia (…) Il loro conoscere equivale a creare, il loro volere la verità è volontà di potenza» (aforisma 211).

Naturalmente il filosofo per poter creare non può che distruggere i luoghi comuni, i pregiudizi, le teorie maggiormente accettate nella propria epoca. Egli non può che trovarsi «in contraddizione col suo tempo; il suo costante nemico fu l’ideale dell’oggi». Il compito del filosofo insomma, lungi dall’essere quello di descrivere il mondo com’è in un dato momento – come voleva Hegel paragonando in modo suggestivo la filosofia alla nottola che esce sul far della sera – o quello di certificare il processo e limitarsi a produrre risposte efficaci sul piano etico, sta al contrario nello smascherare «la quantità di menzogna che si cela nel tipo maggiormente apprezzato di moralità della propria epoca».

La missione del filosofo, in altri termini, non sta nell’adeguarsi al processo in corso, nel ritenere, com’è d’uso oggi, che la tecnica e l’economia siano ormai il destino ineluttabile del genere umano, ma nell’andare oltre, nell’essere la cattiva coscienza del proprio tempo, nel cercare altri orizzonti e creare nuove tavole di valori.

All’etica del viandante, provvisoria e mutevole, che predomina nell’attuale pensiero filosofico e nella prassi, preferiamo l’etica del pellegrino. Quest’ultimo, certamente, potrà non arrivare alla meta, potrà nella sua ricerca affannosa della verità non trovarla, forse potrà stringere tra le sue mani solo sabbia fuggente, ma sa che la verità c’è, non è relativa, non è caduca. Se, come spesso ripete Marcello Veneziani, la verità è un poligono, avrà almeno provato a conoscere uno dei suoi lati.

Sandro Marano