Il metaverso. Il regno del non-vero

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“Andare oltre l’universo” (metaverso), il significato della parola coniata nel 1992 dallo scrittore statunitense Neal Stephenson apparsa per la prima volta nel suo romanzo “Snow Crash”. All’interno di questo mondo virtuale simile ad una grande sfera nera, a cui si accede (da computer o smarthphone con connessione internet e un account sulla piattaforma scelta) attraverso una rappresentazione di se stessi in 3D denominata “Avatar”, i diversi utenti oltre ad interagire tra loro, possono eseguire diverse attività tra cui fare acquisti, ritrovarsi in locali di svago, giocare, lavorare, fare transazioni relative ad oggetti digitali e fisici, riunioni, allenamenti, vedere film, concerti, simulare addestramenti militari , voli e via di seguito, usando visori, guanti e auricolari.

Cerchiamo di fare il punto con il dott. Roberto Pecchioli scrittore e saggista, collaboratore di riviste e blog, ex funzionario dell’Agenzia delle Dogane impegnato in attività antifrode e difesa del made in Italy.

Quali i rischi di un mondo parallelo ?

I rischi sono molpeplici. Il più grave è la sostituzione del reale con il virtuale. Il metaverso, con un paio di occhiali tridimensionali o altri meccanismi artificiali, sostituisce la realtà con la sua rappresentazione. Proietta cioè, se così possiamo dire, nell’ “isola che non c’è.” Non a caso uso il termine isola: si rischia che ogni essere umano, già atomizzato da una società non più comunità, individualistica e priva di valori comuni, diventi un soggetto isolato, incapace di comunicare, interagire, vivere “dentro” il mondo reale. Il metaverso frantuma l’universo in mille mondi alternativi senza che uno solo sia un luogo abitabile, umano. Un altro rischio è la preferenza che molti hanno e ancor più avranno per il virtuale. Il mio avatar, i miei occhiali tridimensionali mi gettano, come Alice, nella tana del Bianconiglio che sembra il Paese delle Meraviglie, ma nei fatti è una bolla alternativa al vero dalla quale è difficilissimo uscire. Poi c’è la solitudine e la confusione  del metaverso (ossia qualcosa che apparentemente, va “oltre” e sembra l’accesso a una realtà aumentata) con la verità. Soprattutto le ultime generazioni, saranno ancora capaci di distinguere tra reale e virtuale, fantasia, fantasmagoria e la dura quotidianità dell’universo, che diventerà per loro il mondo “di fuori” carico di insidie? Addirittura, tra robot umanoidi, assistenti virtuali “empatici” e immersione totale in una realtà-non realtà, avanza, specie in Oriente, la cosiddetta fictosessualità, ovvero la preferenza per partner virtuali o artificiali. Sconcertante, ma vero. In Giappone c’è chi ha chiesto di sposare un robot. L’esito è che l’essere umano diventa non una propaggine dell’artificiale e del virtuale, ma il suo schiavo. Felice, soddisfatto, almeno inizialmente. Ed è anche questo sconcertante.  

Il digitale diventa un sognare ad occhi aperti ?

E’ proprio quello a cui mi riferivo un momento fa. Tutti, in qualche momento della vita, ci siamo rifugiati nei sogni o abbiamo costruito dentro di noi vite parallele, sempre migliori, più gratificanti, di quella reale. Ma sapevamo che di sogni si trattava. Viene in mente Calderòn de la Barca : “La vita è sogno, e i sogni, sogni sono”. Il metaverso e la virtualità ci fanno invece credere, addirittura toccare (virtualmente, s’intende) un mondo meraviglioso a disposizione. Basta una connessione e una stanzetta (il metaverso si vive da soli anche quando sembra connettere…) e appare magicamente Eldorado. E dopo? Sopporterà la generazione così fragile da essere chiamata “fiocchi di neve” l’impatto con il ritorno al reale, la constatazione che al di là dello schermo continuano a sussistere il bene e il male, la malattia, il conflitto, la morte? Il metaverso mi sembra una droga più efficace del “soma”, la pozione obbligatoria per gli abitanti del Mondo Nuovo distopico descritto da Aldous Huxley.

Può creare dipendenza minacciando la salute fisica e psichica?

Tutto fa pensare che sia così. Si è sempre un po’ dipendenti da ciò che piace, da ciò che per un po’ ci fa stare bene. Senza questa evidenza, non si spiegherebbe il successo delle droghe e dei paradisi artificiali. Il fatto è che se cerchiamo paradisi artificiali, significa che abitiamo inferni reali. Insigni psicologi già segnalano che il solo uso massivo dello smartphone ha già cambiato neurologicamente il cervello delle generazioni formate dopo la sua irruzione nelle nostre vite. L’abolizione o l’allontanamento del reale, oltre alle dipendenze e ad insidiose problematiche psichiche a cui il sistema risponderà con un’ulteriore medicalizzazione della vita, sta anche facendo diminuire l’intelligenza. Il calo costante del Q.I è documentato ed inquietante. Stiamo diventando più stupidi, oltreché più slegati dalla realtà e indifferenti alla verità. Il metaverso è comodo, ma inabitabile alla fine.

Un ulteriore passo verso l’isolamento dell’uomo per abituarlo a vivere in una prigione digitale?

La prigione, o gabbia digitale, è il corrispettivo della gabbia d’acciaio paventata un secolo fa da Max Weber a proposito dell’avanzata dell’industria, ma assomiglia ancora di più alla caverna di Platone in cui gli uomini vivevano scambiando le ombre (oggi diremmo le immagini) per il mondo reale. Chi uscì dalla caverna e sperimentò la vita vera, tornando trovò l’ostilità e perfino l’odio di quegli stessi che cercava di liberare. Nulla di nuovo sotto il sole, diceva l’Ecclesiaste. Mi sembra che questo sia il rischio ulteriore: se finora siamo stati schiavi più o meno felici di una libertà illusoria, diventeremo schiavi del non-reale, del non-vero, che ci sembrerà (e un po’ lo sarà davvero…) più bello, più desiderabile della vita. Il primo passo verso la schizofrenia, ossia la scissione della personalità. L’esito potrebbe essere, per alcuni o per molti, l’abbandono totale della realtà. Una vittoria terribile del potere, tra le altre conseguenze.

C’è chi vi si rifugia sperando di trovare il paradiso?

Esattamente. Dicevo prima dei paradisi artificiali. Consentono di “vedere” più in là, di andare oltre, di acuire le facoltà psichiche o fisiche. Poi finisce l’effetto e non c’è altra soluzione che cercare la prossima dose, alzando costantemente l’asticella del desiderio, ossia della dipendenza. Dipendere dal metaverso farà dimenticare il mondo reale. Un trasbordo sempre più inavvertito. Il paradiso virtuale ha, agli occhi di chi lo cerca, un vantaggio su quello promesso dalle religioni: è (o sembra essere) qui e adesso e ognuno se ne può creare uno a propria  immagine e preferenza. Il ritorno sulla terra sembrerà sempre più una caduta all’inferno.

L’uomo si distacca talmente dalla realtà da avere l’impressione di vivere davvero determinate situazioni, esponendosi ad eventuali traumi psichici?

L’obiettivo è quello. Molti di noi, a livello onirico vivono situazioni di quel tipo e neanche il risveglio convince che si trattava di un sogno. Confondere sogno e realtà è certo una patologia, ma scambiare universo e metaverso, virtuale e reale è molto peggio. Mi viene in mente l’immagine della bolla o della placenta: la prima svanisce in un soffio; la seconda è il primo ambiente di vita. Ma il rischio è confondere il liquido amniotico con il cibo reale, che sono le esperienze, le vittorie e le sconfitte dell’esistenza, e soprattutto preferirla all’ “alto mare aperto” che è la vita.  

Truffe e reati come sfruttamento dei minori, disinformazione, riciclaggio di danaro sono dietro l’angolo?

Di tutto e di più. Attraverso l’Intelligenza Artificiale Generativa possono essere ricreate persone morte, riprodotte meglio che nei film esperienze, situazioni, luoghi. Non credo che esista qualcosa che possa sottrarsi alla fantasia di chi sfrutterà per fini pessimi la tecnologia. Dovremmo anche smettere di pensare che si tratti solo di un mezzo e che basta l’accortezza, il buon senso per essere al riparo. L’informazione è potere , quindi anche l’algoritmo è potere, specie se continueremo a non voler capire che dietro il metaverso, l’I.A., la robotica eccetera ci sono uomini in carne ed ossa il cui obiettivo non è il denaro, ma il potere, anzi il dominio. E i dominati siamo noi.  

Anche la privacy potrebbe essere violata?

E’ già violata in ogni modo. Gli strumenti sono sempre più efficaci, ma che cosa sono l’Identità Digitale, l’orribile green pass, la carta d’identità con dati biometrici, i chip, se non immensi contenitori di dati  finalizzati al controllo e alla sorveglianza? L’Homo Sapiens diventa Stupidus perché non si pone più domande. E’ un tempo pieno di risposte – vere e no- per popolazioni che non fanno più domande.

Con l’ Intelligenza Artificiale, blockchain e 5G, il metaverso sarà  più accessibile ed elaborato ?

Evidentemente. La fibra 5g serve solo al potere per estendere e generalizzare reti di controllo, mentre l’Intelligenza Artificiale pare destinata a sostituire l’uomo in un numero impressionante di compiti e persino a pensare, oltreché agire, al nostro posto. La domanda è: “Siamo e saremo ancora uomini, quando la tecnologia si sarà impadronita completamente della nostra quotidianità? Finirà l’Antropocene e sorgerà il Tecnocene, creazione dell’Uomo-Dio. La gnosi al potere.

Quali le sfide etiche, sociali e tecnologiche che ne potrebbero derivare con il suo sviluppo ?

Ci vorrebbero libri interi per elencarle tutte. Credo che il rischio finale sia quello già detto: la fine dell’Homo sapiens per colpa della sua stessa sapienza applicata. In fondo, parliamo di invenzioni umane.

L’agenda 2030 impone il basso consumo energetico. Come mai non si tiene conto dell’elevato dispendio che ne richiede il metaverso, così come l ‘ I.A.?

La domanda è molto pertinente e dovrebbe entrare nei cervelli poco allenati di tante persone – per lo più giovani – devastate dall’ansia climatica e ambientale. L’acqua che serve a raffreddare milioni di server è già oggi una percentuale elevatissima dell’intero consumo idrico mondiale. Per questo vogliono privatizzarla. Il fatto è che chi è padrone di tutto è anche padrone della “narrazione”, cioè scegliere ciò che si può dire e ciò che deve essere nascosto. L’I.A. e le nuove tecnologie in senso lato sono energivore in maniera impressionante, ma ci viene chiesto- o imposto- di mangiare grilli o carne artificiale per motivi ambientali. La nostra è una società della menzogna creduta per sovraccarico, coazione del  potere, perché ci siamo disabituati a pensare e dubitare. Siamo, ahimè, complici di un potere sempre più aguzzino, non solo padrone.

Chi si nasconde dietro il Metaverso, quali i suoi veri fini e profitti?

Come dicevo, il Metaverso e tutte le tecnologie che privilegiano l’artificiale sul reale sono parte di un progetto oligarchico teso a scardinare i fondamenti dell’umano. Non è il profitto il movente. Impadronirsi del mondo significa dominare l’unica creatura pensante. Un obiettivo del transumanesimo- ce lo ricorda l’orribile Harari- è creare due umanità: noi, l’insignificante maggioranza e “loro”, l’oligarchia al potere , con i loro servi e cortigiani.

Chi sono i veri padroni di questo mondo virtuale?

Uno dei problemi del mondo contemporaneo è proprio determinare, indicare, chi comanda davvero. E’ un potere reticolare saldato attorno ad alcuni hub, incroci di potere. Silicon Valley – a sua volta prodotto del sistema militare – industriale americano e occidentale; alcuni giganti cinesi diventati quasi altrettanto potenti, il mondo dell’alta finanza e pochi altri. Oggi si parla di Fintech. Il livello immediatamente sottostante è lo Stato profondo delle grandi potenze e, a scendere, il potere culturale, informativo e dell’intrattenimento. Gli Stati? Non pervenuti? I popoli? Un ingombro da risolvere con la drastica diminuzione della popolazione. Dio? L’ipotesi che non hanno mai considerato.

L’uomo e la tecnologia come evitare che ne sia travolto in modo tale da perdere la propria identità ed autenticità?

Se lo sapessi, lo urlerei al mondo. Resta l’àncora della conoscenza, del pensiero critico, del dubbio, del tenace attaccamento alla nostra umanità . Più in alto ancora, il domandone che non riusciranno a scacciare dal cuore dell’uomo: “Chi sono, perché ci sono, dove vado? L’uomo è aperto alla trascendenza . Sa di non essere solo, di avere sopra di sé qualcosa di più grande. L’ipotesi Dio, se vogliamo la scommessa su Dio di Pascal, rilanciata da Benedetto XVI- vivere come se Dio ci fosse ( infatti c’è)  – è un potente antidoto a un mondo in cui ci vogliono morti ( aborto, eutanasia di Stato , sesso sterile) e non pensanti…  non più uomini: il transumano è il passaggio al post umano e all’ antiumano.

Cinzia Notaro