Il Pane tra devozione e rito

La sacralità che le civiltà umane hanno riconosciuto al pane si perde nella notte dei tempi. Quasi una profezia della scelta che Cristo avrebbe operato nella sua ultima cena tra noi, per restare carnalmente tra noi e in noi. Il pane è rimasto simbolo di vita e alimento fondamentale di sussistenza.

Venendo ai giorni nostri la sacralità del pane si manifesta anche in occasione delle solennità di alcuni santi come ad esempio sant’Antonio, san Nicola, san Giuseppe. Nella raffigurazione fotografica concessaci dall’Associazione Panificatori della Provincia di Bari, possiamo vedere i pani che tradizionalmente si distribuiscono durante queste solennità. Il ragioniere dell’Associazione, Nicola Giannoccaro, ci illustra ad esempio che il “pane di san Nicola” porta un foro al centro poiché richiama il pane che veniva stoccato sulle navi per l’alimentazione dell’equipaggio. Questo tipo di pane, per una migliore conservazione lungo le traversate, veniva ab-brustolito e poi inanellato in corde e posto nella cambusa. Ogni corda raccoglieva esattamente il pane giornaliero che, bagnato con l’acqua marina, veniva condito e consumato dai marinai. Il “pane di san Giuseppe”, la cui tradizione è viva soprattutto in Sicilia, risale al medioevo. Ricorrendo la solennità del Santo il 19 marzo, inizio di primavera, è simbolo di risveglio della natura, di rinascita e di speranza. Quindi il pane è distribuito nelle mense di San Giuseppe dove sono invitati poveri e bisognosi.

Il “pane di sant’Antonio” è quello intrecciato a forma di croce. Questa devozione è certamente legata alla iniziativa del “pane dei poveri” che è in essere presso la Basilica di Padova da tempo immemorabile, e dove pellegrini e devoti portano del pane per i poveri quale ringraziamento per le grazie ricevute. I frati della Basilica di S. Antonio a Padova, raccontano che la tradizione del “pondus pueri” è legata alla storia di Tommasino un bambino di 20 mesi ritrovato dalla madre affogato in una tinozza. Invocato l’aiuto del santo e riottenutolo in vita la madre assolse al voto espresso donando ai poveri tanto pane quanto era il peso del figlio.

In realtà però la tradizione del pane potrebbe essere molto più antica se solo guardassimo a oriente. Nella Chiesa Ortodossa così come nella Chiesa Cattolica di rito bizantino, è ricorrente, infatti, il rito della artoclasia originariamente celebrato al vespro della vigilia delle festività del Signore o della Madonna ed oggi anche all’orthros, cioè al mattutino. L’artoclasìa è un atto liturgico di benedizione che il sacerdote impartisce sul pane poi distribuito ai fedeli. I pani benedetti sono cinque, come cinque erano quelli benedetti da Cristo nel deserto e poi distribuiti alla moltitudine. Insieme al pane sono benedette anche piccole quantità di vino e olio in piccole bottiglie. L’artoclasìa mirava e mira non solo ad assolvere al simbolismo dell’evento sacro, ma anche alle necessità pratiche dei monaci. Nei monasteri, cioè, i monaci, dopo aver digiunato tutto il giorno della vigilia di ogni festa maggiore, erano obbligati a rimanere nel tempio e a non partire, dopo cena, per vegliare tutta la notte e ricevere infine, attraverso il rito dell’artoclasìa, “conforto” spirituale e “sostegno” materiale. Durante la benedizione dei pani, del vino e dell’olio e prima della distribuzione del pane ai fedeli viene intonato il salmo 33 di Davide: “I ricchi impoveriscono e hanno fame, ma chi cerca il Signore non manca di nulla”. Ecco dunque il richiamo a cercare le cose di lassù e non quelle che quaggiù sono divorate dalla ruggine e dalla tignola (cfr. Mt. 6 19-34).

Paolo Scagliarini

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