Sandro Marano promeneur in città. Ovvero, il “trovatore”

Conosciamo bene Sandro Marano. Leggiamo i suoi puntuali e diversificati interventi (critici, saggistici), le sue opere (narrativa, poesia), apprezziamo la sua appassionata partecipazione alla vita culturale italiana, nonché la sua attività di ecologista, in particolare, per l’associazione “Fare Verde”.
Questa molteplicità di interessi e di impegni è ricordata, opportunamente, nella quarta di copertina del volumetto di poesie Piccolo canzoniere d’amore, che esce oggi per i tipi delle Edizioni La Matrice di Bari. Ma tanto Marano è generoso e attento verso i suoi amici scrittori e verso la scrittura altrui, tanto è parsimonioso, avaro perfino, nell’indicare al lettore una sua bibliografia che risulta essere qui “selettiva”, limitandosi alla citazione di alcuni volumi di poesie, uno solo per la narrativa e pochi altri per la saggistica. Peccato, ma prendiamo atto della sua “riservatezza”. Si troverà occasione, speriamo, per la citazione di una bibliografia completa.
Ora, Sandro Marano è lettore che non può ignorare il classico espediente narrativo del manoscritto ritrovato. Qui, il gioco è ripreso: promeneur fra gli amati itinerari boschivi, ricordando le esplorazioni (rêveries) di Rousseau, nei dintorni di Parigi, ora si fa anche lui passeggiatore, questa volta cittadino (“a lenti passi e sovrappensiero”, come Rousseau appunto), che si imbatte per caso (ma al caso noi non crediamo) in un misterioso quanto prezioso quadernetto di versi in francese, vergati a mano, abbandonato sulla panchina di un parco metropolitano.
Qui si potrebbe parlare anche, con Baudelaire, di flâneur, che si abbandona ad un girovagare apparentemente distratto (ma solo apparentemente) ma comunque senza meta prestabilita, senza attività programmate, passeggiatore in metropoli. Abbiamo parlato di espediente e di gioco. Lasciamo al lettore l’enigma: dell’autore dei versi e del loro destinatario abbiamo solo le iniziali.
Una piccola guida alla lettura la troviamo nella epigrafe da Christian Bobin (poeta francese, 1951/2022): “Noi siamo fatti di quello che amiamo e di nient’altro”. Abbiamo fatto ricorso al francese perché i testi sopravvissuti e strappati ad una probabile dimenticanza, sono (sarebbero?) tradotti da colui che li ha rinvenuti. Si evidenziano così tracce forti di passaggi d’amore, da uomo a donna, che si sciolgono in parole semplici, dirette (per quanto suggestive e sfumate a volte), ciascuno col proprio titolo, pensati quando “nessuno scriveva alle stelle (vedi Come fiori di mandorlo. p.12). Un sillabario di sentimenti stratificati tutti intorno al mistero di una presenza cara e distante, presente e svanente. Donatario casuale (ma non crediamo al caso…) di uno scrigno d’amore, Sandro Marano fa omaggio al misterioso poeta francofono che ha avuto il coraggio di dimenticare (o di regalare al viandante “distratto”?) i propri versi. Ricordandoci, alla fine, in una forma nel contempo intima e aperta, come è nelle corde di Sandro Marano, che l’amore esiste.
Massimo Del Pizzo