Appunti di un Natale armeno
Quando si parla del Natale (Tsund) degli Armeni viene naturale pensare a tre festività che ne l corso del tempo ne hanno assunto il nome. In ordine cronologico il primo è il natale del Vahagn, dio pagano al centro del plurimillenario pantheon armeno e tale festività è stata di corrispondeva all’inizio della Primavera. Coincidendo con la rinascita della natura e lo scioglimento delle nevi sui monti dell’altopiano anatolico, tale festività era molto sentita. Ad essa si aggiungeva il natale Mihr di 22 dicembre. Tali ricorrenze furono duramente contrastata dall’avvento del Cristianesimo ed in particolare dopo il riconoscimento del Cristianesimo come Religione dello Stato nel 301.
Come si sa, nella Chiesa Armena, come in tutte le chiese cristiane d’oriente il Natale ed il Battesimo di Gesù Crisi sono celebrati in un’unica festa, poiché è in quel momento che il Salvatore del mondo, assumendo la natura umana ha scelto di essere uomo tra gli uomini e di Manifestarsi, dunque, nel Mondo sotto tale forma.
Il “Natale armeno”, come viene comunemente chiamato, giunge al il culmine delle celebrazioni degi eventi legati all’Incarnazione di Cristo. Teofania o Epifania (Astvadz a haytnutyun) significa “rivelazione di Dio”, che è il tema centrale periodo natalizia nella Chiesa armena. Durante questo periodo i principali eventi che si celebrano sono la Natività di Cristo a Betlemme e il Suo Battesimo nel fiume Giordano. Il giorno di questa grande festa nella Chiesa armena è il 6 gennaio. Una cerimonia chiamata “Benedizione dell’Acqua” è condotta nella Chiesa armena per commemorare il Battesimo di Cristo.
Viene spesso chiesto perché gli armeni non celebrino il Natale il 25 dicembre con il resto del mondo. Ovviamente, la data esatta della nascita di Cristo non è stata storicamente stabilita, non è né registrata nei Vangeli, molti esegeti moderni, anzi, la collocano storicamente nella stagione primaverile. Tuttavia tutte le chiese cristiane hanno celebrato la nascita di Cristo il 6 gennaio fino al IV secolo.
Secondo fonti cattoliche, la data è stata cambiata dal 6 gennaio al 25 dicembre per scavalcare la festa pagana dedicata ai culti solari celebrata tra il 22 e il 25 dicembre. Al fine di minare e sottomettere tali pratiche pagana, la gerarchia ecclesiastica decise di scorporare – la festa del Santo Natale, collocandola proprio il 25 dicembre – da quella della Santa Epifania celebrata il 6 gennaio.
In Terra Santa, le chiese ortodosse e tra esse anche il Patriarcato Armeno Apostolico usano l’antico calendario (che ha una differenza di dodici giorni) per determinare la data delle feste religiose. Di conseguenza, gli Armeni di Terra Santa celebrano il Natale il 18 gennaio. Il giorno prima del Natale armeno, il 17 gennaio, il Patriarca armeno Apostolico insieme al clero e ai fedeli, si trasferisce dalla sua sede di Gerusalemme alla città di Betlemme, dove prende possesso della Basilica della Natività di Cristo. Qui si svolgono cerimonie e riti elaborate. Fuori, nella grande piazza della Chiesa della Natività, il Patriarca e il suo seguito sono accolti dal Sindaco di Betlemme e dai maggiorenti della Città. Una processione guidata dagli scout armeni e la loro banda, fa avanzare il Patriarca nella Basilica, mentre sacerdoti, seminaristi e fedeli si uniscono nel canto dei Tropari. Le celebrazioni si prolungano per tutta la notte e fino al giorno successivo, il 18 gennaio.
Se gli Armeni Apostolici (indicati spesso come Gregoriani) che professano una propria forma autonoma e caratteristica di cristianesimo statale celebrano il Natale il 6 gennaio, non è così per Armeni cattolici che celebrano il Natale il 25 dicembre, come la maggior parte delle Chiese in Comunione con la Chiesa Cattolica. Le ragioni di tali differenze continuano ad essere storicamente importanti, basti pensare che molti furono i tentativi di riconciliazione fra gli Armeni e Latini, fino a che nel 1742 patriarca di SiS Abraham Bedros I Ardzivian ricevette da papa Benedetto XIV il riconoscimento della sua elezione patriarcale ed il pallio, con l’incarico di unire, sotto la sua autorità, tutti gli armeni cattolici.
Dal punto di vista liturgico due sono le parti che compongono la Divina liturgia del Santo Natale armeno-cattolico: la Santa Liturgia Eucaristica e la Solenne Benedizione delle Acque. Tutta l’innografia della Festa, è caratterizzata dalla lode alla Madre di Dio, che ha partorito “Colui che è senza inizio”. Maria, Theotokos, è stata illuminata, che ha ricevuto “l’infinitamente grande”, divenuto per Amore verso di noi, un bambino. Nella seconda parte della Liturgia avviene la Solenne Benedizione delle Acque, e con essa si rivive il Battesimo di Gesù nelle acque del fiume Giordano. Vengono declamate le profezie che preconizzano la nascita del Cristo, cantate le litanie, una Epiclesi e i Tropari in cui si evdenzia l’azione compiuta da Giovanni il Battista (Surb Hovhannes Mkrtich) come anello di congiunzione tra l’Antico ed il Nuovo Testamento. Viene innalzato il canto:
“Luce da Luce,
sei stato inviato dal Padre
ad incarnarti nalla Santa Vergine
per rinnovare l’Adamo corrotto.
Tu, Iddio, ti sei manifestato sulla terra,
hai camminato con l’uomo e
hai redento l’universo dalla maledizione d’Adamo”.
Quindi gocce del Santo Crisma (Myron) vengono versate nell’acqua, la Croce viene immersa nell’acqua durante l’inno
“Benedetta e santificata quest’acqua
col segno della Santa Croce e del Santo Vangelo
e del Santo Crisma e della grazia di questo giorno,
nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo,
ora e sempre e nei secoli dei secoli.
Amen. Alleluia, Alleluia, Alleluia.”
Carlo Coppola