Il passaggio stretto

In un passo del Vangelo si afferma “…in Verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei Cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno dei Cieli. – A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: chi si potrà dunque salvare?- E Gesù fissando su di loro lo sguardo disse: – questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile”.(Matteo 19,23-26).

Questo passo può mettersi in rapporto con l’altro che afferma: “…entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta ed angusta la via che conduce alla Vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano”.(Matteo 7,13-14).
La via stretta è la via difficile, è il percorso che nella vita non vorremmo fare, perché contrario alle aspettative di felicità e di benessere che ogni uomo coltiva naturalmente. La via larga e spaziosa, quella che percorrono tanti, è il percorso non solo verso il peccato in senso stretto (i pensieri, le parole e le azioni contrarie ai dieci Comandamenti), ma anche il modo di vivere, sia pur formalmente legittimo, in senso solo materiale, in cui ciò che conta è l’economia, il piacere e il successo personale.
Difatti: “molti dei primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi” (Matteo 19,30). Tutto ciò che sta al primo posto d’importanza nell’ordine della vita sociale, sta all’ultimo posto nell’ordine della vita dello Spirito e viceversa: tutto ciò che viene considerato primo nell’ordine spirituale, viene considerato ultimo nell’ordine dei valori materiali.
Nella visione cristiana della vita, ma anche di altre grandi tradizioni spirituali dell’umanità, esiste una radicale antinomia tra questo mondo e il mondo dello Spirito. A Pilato, che chiedeva a Gesù se fosse il re dei Giudei, Egli gli rispose: “…il mio regno non è di questo mondo”(Giov.18,36). E san Paolo aggiunge: “..Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti; Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti; Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla, per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio”.(1 Corinti 1,27-29).
S. Agostino mette in opposizione netta la città di Dio con la città terrena e così egli afferma:”…due amori quindi hanno costruito due città: l’amore di sé spinto fino al disprezzo di Dio ha costruito la città terrena, l’amore di Dio spinto fino al disprezzo di sé la città celeste. In ultima analisi, quella trova la gloria in sé stessa, questa nel Signore. (S.Ag. La città di Dio XIV,28).

Nel passo evangelico su riportato, la “Via stretta” viene simbolicamente rappresentata anche come la cruna dell’ago, attraverso la quale è difficile passare per la sua piccolissima dimensione. Per poter comprendere appieno tale simbolismo è opportuno considerare che l’ago visto in verticale, può rappresentare l’Axis Mundi, mentre il foro apicale, attraverso il quale si fa passare il filo, è una rappresentazione di una porta. Questa, essendo per necessità molto stretta, rimanda all’idea del passaggio difficile e doloroso da una dimensione ad un’altra dell’Essere.
Come ben si sa, ogni passaggio da uno stadio ad un altro della vita dell’uomo è contrassegnato da un mutamento in cui qualcosa deve essere lasciato per poter acquisire qualcosa di nuovo e di diverso. In altri termini, per poter passare attraverso la “porta stretta”, bisogna abbandonare tutto ciò che è legato alle esperienze della vita terrestre: beni, ricchezze, affermazione nella vita economico-sociale, onori e perfino la propria cultura e i propri sentimenti, e portare con sé solo l’essenziale: l’Amore di Dio. Difatti il Salvatore, nel famoso discorso della montagna, così afferma: “Beati i poveri in Spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli”. (Matteo5,3).

Il simbolismo della “porta stretta”, del passaggio angusto, l’uomo lo esperimenta in modo naturale, ma non a livello di consapevolezza, in vari momenti della vita. Al nascere il bambino passa da un mondo oscuro, silenzioso e acquatico, ad un mondo luminoso, rumoroso e terrestre, attraverso il passaggio dell’utero materno. E’ un’esperienza traumatica che comporta sofferenza tanto per il bimbo, che per la madre, senza la quale però la vita non può sorgere.
Alla fine dell’esistenza terrestre, il corpo viene abbandonato alla distruzione, ma come dice S. Paolo: “si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale” (1Corinti 15,44); ma tutto ciò deve per forza avvenire attraverso il passaggio stretto della morte fisica.

Nulla è più atteso e desiderato del cambiamento, ma nulla è nello stesso tempo più temuto dall’uomo. Ad ogni istante vi è un morire e un rinascere, sia a livello fisico che mentale, ma un qualcosa, come una trama invisibile e sottile, sempre permane. Lungo tutto il percorso dell’esistenza l’individuo incontra delle strozzature, dei nodi, attraverso i quali egli deve passare necessariamente, cercando di non rimanere avvinghiato agli stessi.
Ad ogni passaggio si lascia qualcosa e si sperimenta dell’altro, seguendo il ritmo fondamentale della vita che è quello binario. L’elemento che simbolicamente sintetizza tale ritmo è quello della respirazione; difatti mentre con l’espiro si esala l’aria impoverita d’ossigeno, con l’inspiro si assume l’aria che ne è ricca, ma tra le due fasi vi è un momento impercettibile di stasi, nel quale avviene il mutamento della morte in vita e viceversa.

Durante lo stato di veglia siamo immersi nell’azione, mentre durante lo stato di sonno il corpo riposa, ma esiste un sottile collegamento tra i due stati che viene operato dal sognare durante la notte e dal fantasticare durante il giorno.
Quando il Cristo sollecita nel prendere la “via stretta”, in realtà raccomanda di percorrere tale Via, che comunque esiste nascosta in noi.
I molti che vanno per la via larga che conduce alla perdizione, sono tutti quelli che non prendono mai coscienza dei limiti dell’esistenza ordinaria e della possibilità del loro superamento con l’accesso ad una dimensione superiore del proprio essere, mediante un duro combattimento interiore, che è un combattimento sia contro gli elementi inferiori di sé, che, in qualche modo, un combattimento contro Dio.

Tale lotta viene riportata nelle Scritture in vari luoghi; ad esempio nel Vangelo quando Gesù dice. “Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il Regno dei Cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono”. (Matteo 11,12).

E nel passo del Genesi “…durante quella notte egli si alzò, prese le due mogli, le due schiave ed i suoi undici figli e passò il guado dello Iablok.
Li prese, fece loro passare il torrente e fece passare anche tutti i suoi averi.
Giacobbe rimase solo ed un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora. Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all’articolazione del femore e l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui.
Questi disse: lasciami andare, perché è spuntata l’aurora. Giacobbe rispose: non ti lascerò se non mi avrai benedetto! Gli domandò: come ti chiami? Rispose: Giacobbe. Riprese: non ti chiamerai più Giacobbe ma Israele, perché hai combattuto con Dio ed hai vinto! Giacobbe allora gli chiese: dimmi il tuo nome. Gli rispose: perché mi chiedi il nome? E qui lo benedisse”(Genesi 32,23-30).

Dopo la lotta con Dio il patriarca Giacobbe riceve la benedizione e cambia nome, diventa Israele. La benedizione che riceve Giacobbe, dopo la lotta con Dio, in realtà è una Iniziazione ai Grandi Misteri, lottare con Dio e vincerlo non significa soggiogare Dio, il che è impossibile, ma divenire Uno con Lui.
Difatti il cambiamento del nome da Giacobbe in Israele, implica la morte al vecchio uomo e la Rinascita in una dimensione superiore che è quella super-individuale di Israele, he sarà poi il nome di tutto il popolo proveniente da lui. Giacobbe, quindi, attraversa la “porta stretta”, il passaggio difficile da uno stato ad un altro dell’Essere, nel luogo dove è avvenuta la misteriosa lotta con Dio che chiamerà Penuel, che significa “davanti a Dio”.

Il passare attraverso la porta stretta o attraverso la cruna dell’ago, se da un lato presume uno stato di profonda consapevolezza del proprio nulla (un ricco non può passare), dall’altro lato implica l’accettazione di una lotta per superare il pericolo di essere schiacciato dai battenti della porta stessa.

In altri termini, l’uomo deve prendere coscienza che in lui vivono due nature: egli è un Essere terrestre soggetto a tante limitazioni, ma è anche un Essere celeste poiché “Dio creò l’uomo a Sua immagine” (Gen.1,27).

Finché l’uomo vive sulla terra, queste due nature sono antagoniste tra di esse provocandogli grande sofferenza. A tal riguardo S. Paolo afferma:”…non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona: quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio…io dunque con la mente seguo la legge di Dio, con la carne la legge del peccato”. (Romani 7,16-25).

Tale dottrina era già stata sostenuta precedentemente dal poeta latino Ovidio,il quale afferma:” video meliora proboque, deteriora sequor”.

Il percorso lungo la via stretta che conduce ad oltrepassare la cruna dell’ago, può essere inteso anche come il risalire lungo l’Axis Mundi, cioè l’Albero della Vita, per poter giungere al Centro di esso.

Nei testi sacri dell’India, in particolare nei Veda, il Centro dell’Universo è rappresentato dal Sole e in molte altre antiche Tradizioni spirituali, il Sole viene raffigurato come il frutto dell’Albero della Vita (cfr.Renè Guenon, Simboli fondamentali della scienza sacra, ed. Adelphi).

Nella stessa tradizione indiana, al Sole corrisponde, nell’individuo umano, il Cuore, il quale viene considerato il Centro del proprio Essere.
Quindi, il passaggio lungo la via stretta che conduce ad oltrepassare la cruna dell’ago, è il percorso che l’uomo deve fare verso il proprio Cuore, cioè verso il Centro di sé stesso.
Ma anche: oltrepassare la cruna dell’ago significa passare oltre il Cuore, cioè oltre le condizioni limitative dell’esistenza ordinaria per approdare quindi al Mistero dell’Essere, all’Immortalità.

Il simbolismo del Cuore quale Centro dell’Essere ricorre, tra l’altro, in tante raffigurazioni della iconografia tradizionale cattolica, di cui le più evidenti sono: il Sacro Cuore di Gesù e il Sacro Cuore Immacolato di Maria Santissima.

Se fissiamo l’immagine che si produce quando si lancia un sasso in una pozza d’ acqua, si nota che dal centro in cui il sasso è stato lanciato, si formano vari cerchi concentrici, che vanno man mano allargandosi fino a disperdersi. Ogni propagazione sonora si manifesta nello stesso modo: da un Centro verso la periferia.

Tale fenomeno è simbolo della Creazione di tutte le cose: vi è prima il silenzio, il non agire, poi il Suono Primordiale e infine la propagazione dello stesso attraverso il quale vengono ad esistenza tutte le cose.
Ma tale processo ha un significato ambivalente poiché, se da un lato è ciò che genera la vita di tutti gli Esseri, dall’altro lato produce anche la loro corsa verso la morte.
Tale duplicità può comprendersi osservando la propagazione dei raggi solari, i quali sono fonte di vita, ma estendendosi vanno raffrendandosi e quindi verso la fine del loro potere.

Ogni vero percorso spirituale che l’uomo volesse compiere, al fine della propria reintegrazione nel Logos origine di tutte le cose, deve, quindi, necessariamente andare in senso contrario: dalla periferia al Centro.
Difatti, se si considera attentamente, la vita spirituale si attua secondo un movimento contrario a quello della vita materiale.
Esiste una antinomia tra questo mondo e il Regno dello Spirito, anche se tale antinomia la si percepisce solo ai primi gradi della Conoscenza, per poter in seguito, alla sommità della maturazione interiore, Conoscere che “Tutto è Uno”, la molteplicità viene contenuta nell’Unità.

La Verità di tale assunto viene così affermata dal Signore Gesù:” Se qualcuno vuol venire dietro di Me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo la salverà”(Marco 8,34-35).

Il rinnegare se stesso significa staccarsi da ogni identificazione con le situazioni e le esigenze della vita materiale; difatti, quando l’uomo si lega completamente a tutto ciò che è vita materiale, dimenticando così la sua origine, si avvia sconsideratamente verso la dispersione nel molteplice, cioè verso la perdita definitiva della propria vera Identità.

Difatti, il piccolo io empirico, o ego, ha una realtà illusoria, in quanto esso si compone della memoria e delle percezioni solo di questo mondo attraverso il supporto corporeo; una volta che questo giunge alla fine, anche l’io è destinato a scomparire, così come dice il salmista:”…esala il suo Spirito e ritorna alla terra; in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni”(Salmo 146,4).

Ciò che è immortale nell’uomo è l’immagine di Dio in lui, che ordinariamente non viene percepita, poiché per effetto della caduta, nell’uomo, come nella natura, si è rotta la gerarchia primordiale, secondo la quale l’Io Vero, la scintilla del Verbo, governava gli altri elementi costitutivi della personalità.

Dal momento della cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden, o se si preferisce, dalla fine dell’età dell’oro chiamata dagli Indù: Satya Yuga, o età dell’Essere,(Satya ha la stessa radice-Sat- di Saturnus, il dio dell’età dell’oro),l’Io Vero, o Sé, vive sepolto nei recessi più profondi della psiche, -4- mentre l’io empirico, o ego, che è il suo illusorio riflesso, domina come re illegittimo nell’individuo.

Il passaggio attraverso la porta stretta, di cui parla il Salvatore, può essere ancora inteso come il passaggio dall’attuale infelice e caotica situazione interiore dell’uomo al ristabilimento del primordiale stato di equilibrio.

L’uomo potrà salvarsi, e con esso tutta la creazione, se tutto ciò che è anima(ragione discorsiva, volontà, memoria, sentimento e istinto)si ricongiungerà allo Spirito(chi conosce il suo Sé conosce il suo Signore),attraverso un processo di progressiva disindentificazione da tutto ciò che è semplice natura materiale, insieme al riconoscimento della propria Vera Identità(il ricordo di Sé).

Antonio Bosna