Riflessioni di un semplice battezzato, tra una fumata e l’altra del comignolo della Cappella Sistina

Morto un papa se ne fa sempre un altro: questo è un antico adagio popolare che in fin dei conti rimarcava la certezza che nessuno è indispensabile nella guida della Chiesa, neppure chi è chiamato a rivestire il ruolo del romano pontefice dal momento in cui Gesù Cristo stesso ne è alla guida. Del resto, i fedeli restano ancorati alla promessa del Salvatore Gesù Cristo a Pietro: non praevalebunt!
Tempus fugit, i tempi cambiano, e ultimamente cambiano sempre più in fretta portando repentini mutamenti in ogni ambito della società, sicché i proverbi, segno di saggezza popolare, finiscono tra le arcaicità lasciando spazio ad una formazione culturale le cui fonti in apparenza sono senza paternità alcuna.
Questi cambiamenti epocali dell’intera umanità non potevano non investire i componenti la Chiesa, pellegrina su questa terra, che, però, dovrebbero per primi percepire sempre più la coesistenza delle due dimensioni, quella spirituale e quella materiale, in uno con la missione pontificale affidata loro: la salvezza attraverso la manifestazione/annuncio al mondo della vera realtà.
La lotta in apparenza sembra impari. Il mondo, con le sue vanità e vacuità, finisce per offuscare il fine di ogni cosa degradando l’uomo alla materialità e consegnandolo in ceppi alla disperazione dell’immanenza e della finitezza dei suoi giorni. Prova di ciò è nella evidente e progressiva dismissione nel comune parlare di ogni riferimento all’Assoluto, al soprannaturale e nella continua desacralizzazione dei riti, nel depotenziamento dei simboli, nel dispiegamento delle energie in strutture para-ecclesiastiche votate ad una azione, seppur benemerita, di impegno sociale che, grazie alla grande spiritualità che ha pervaso le nazioni nei secoli scorsi, è oggi appannaggio della Res Publica.
La tendenza, in ambito ecclesiale, a desacralizzare anche i ruoli, e che ultimamente è apparsa in tutta la sua evidenza con un papa in abiti borghesi che controllava l’andamento di un cantiere, o con la pubblicità data ai lavori del Conclave, fino a ieri coperti da segreti e misteri, ha comportato delle conseguenze di non poco conto come, giusto per fare sempre degli esempi recenti, la fuga di notizie sulle prime operazioni di voto nella Cappella Sistina e sulle percentuali che avrebbe raggiunto il cardinale Zuppi, o la trovata (goliardica?) del Presidente degli USA vestito da papa.
La desacralizzazione di ruoli, immagini, istituzioni, riti, funzioni, apprezzata ed applaudita dal mondo cosiddetto progressista, porta quindi a mondanizzare e banalizzare una Istituzione umana quanto divina, ovviamente per chi crede, con l’effetto che interrogati gli astanti in piazza San Pietro, rimasti lì per ore in trepida attesa per la fumata, taluni di loro così si esprimono, stando a quanto riportato dalla agenzia di informazione SIR: “Il prossimo Papa deve essere qualcuno che riesca ad unire, anche perché gli ultimi due Papi sono stati troppo da una parte e troppo dall’altra”; “Il nuovo Papa deve continuare a prodigarsi per una Chiesa che sia di tutti e che non si isoli o si nasconda davanti ai veti”; “Spesso non si comprende l’importanza di pronunciare parole di amore e fraternità; i potenti dovrebbero ascoltare e imitare le azioni del Santo Padre ed essere portatori di gioia, non di violenza o discriminazione”. e ancora “Credo che già domani o dopodomani ci sarà fumata bianca, visto che Papa Francesco ha creato tanti cardinali che avevano la sua stessa filosofia e visione”. In altri termini, le attese dei più sono riposte non tanto Gesù Cristo che è alla guida della Chiesa, quanti nel futuro papa ovvero nella persona che assumerà il ruolo di papa, nella sua “filosofia” e nelle sue “parole” che ovviamente potranno cambiare da persona a persona quasi che il Vangelo, del quale il papa deve essere testimone, non sia uno e uno solo.
Nessuna meraviglia, dunque, se poi coloro che indifferenti, quando non contrari, agli obiettivi posti dal Fondatore alla Sua Chiesa, oggi si interessano anzi si preoccupano di chi sarà il successore di Pietro. La loro preoccupazione non ha nulla a che fare con la fede ma, vedendo il romano pontefice quale influente uomo-politico, è conseguenza di calcoli di interesse politico-economico per esaltarlo strumentalmente quando il suo parlare coinciderà col loro pensiero e criticarlo in caso contrario.
Quanto lontane sono le parole dei nostri santi: “Mi è stato segnalato infatti a vostro riguardo, fratelli, dalla gente di Cloe, che vi sono discordie tra voi. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», «Io invece sono di Apollo», «E io di Cefa», «E io di Cristo!». Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati? Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo” (Cor. 1, 11-17); “Andarono perciò da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano, e al quale hai reso testimonianza, ecco sta battezzando e tutti accorrono a lui». Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stato dato dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui. Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire” (Gv.3, 26-30).
Forse è questo che dovremmo chiedere al successore di Pietro?
Paolo Scagliarini